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26/05/10

Toccata e fuga

Dice il New York Times che:


Robbie Bach, the head of the entertainment and devices group, will retire from Microsoft after 22 years at the company.


e anche che:


J Allard, the head of design and development in Mr. Bach’s group, will also leave Microsoft after 19 years at the company, although he will continue to advise Mr. Ballmer


Insomma, alla fine:


Mr. Ballmer will take a more hands-on role in Microsoft’s gadgets and games by having various division heads report directly to him


anche se:


Microsoft continues to lack what Mr. Kay described as a “maestro” who is capable of reading the tastes of the consumer device market and moving the company quickly enough to take advantage of that intuition


... Hai detto niente ...!!

E' morto il papà delle mie cuffie

Fritz Sennheiser, fondatore della Sennheiser Electronics, è scomparso all'età di 98 anni.

Lo ricorda sia il New York Times sia Il Post.

E anche io gli dedico un ricordino, visto che uso uno dei suoi ottimi prodotti :-)

21/05/10

Caro Direttore ...

"Caro direttore  ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del Tg1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me  una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori".

"Come ha detto  il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli: 'La più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identità, parte dell'ascolto tradizionale".

"Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perché è un grande giornale. E' stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l'informazione del Tg1 è un'informazione parziale e di parte. Dov'è il Paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti  perché negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro titolo.
E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata. Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel Tg1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale".

"L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale".

"Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto.  Nell'affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. E' lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori".

"I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E' quello che accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda alla verifica".

"Ho fatto dell'onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente. Pertanto:
1)respingo l'accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c'è più alcuno spazio per la dialettica democratica al Tg1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.
2)Respingo l'accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.
3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera  dopo 
l'intervista rilasciata a Repubblica 2, lettera nella quale hai sollecitato all'azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di "danneggiare il giornale per cui lavoro", con le mie dichiarazioni sui dati d'ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni. Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: 'il Tg1 darà conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche". Posso dirti che l'unica campagna a cui mi dedico è quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto. Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni. Sono stata definita 'tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali' e via di questo passo.  Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20. Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno".

"Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità.
Quello che nutro per la storia del Tg1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere".

Prezi


Ho appena ascoltato l'editoriale che ieri sera Michele Santoro ha fatto ad Annozero, e che mi ero perso (per chi avesse lo stesso mio problema, trovate più sotto le due parti dell'intervento di Michelone :)
A scorrere i titoli dei giornali di quest'oggi (da Aldo Grasso in avanti) mi sembrava che fosse stato un discorso completamente auto-referenziale e narcisistico.
In realtà, la mia impressione è stata una ed una sola - e cioè che Santoro chiedesse con il suo linguaggio chiaro e diretto chi è dalla sua parte, ma non di lui come Michele Santoro .... Dalla parte di una RAI nella quale
"... i partiti non contano un beneamato cavolo ..."
Io, per esempio, sto proprio da quella parte lì .... 
 

17/05/10

In una botte de fero

Carlo RossellaQuesto signore, stasera ad Otto e Mezzo, nell'investire Sabina Guzzanti con la sua loquela perlopiù basata su due o tre parole ("fazioso", "Berlusconi", "tutti") ci ha anche lasciato questa perla:


(rivolto alla Guzzanti):

"... ma lei ha nostalgia di quei bei terremoti da prima repubblica, invece a L'Aquila è stato fatto un grande lavoro".


Bene, dopo la sconfitta del cancro, ora anche il dominio sui terremoti - siamo proprio in una "botte de fero" ... 

14/05/10

A lucky day ...

... when you are with a legend ...
    
Mr. Stallman and UnivPM's      RMS after his speech         "I bless your computer,
Chancellor Marco Pacetti                                                                    my children!"
 
  St. IGNUcius of the               RMS after his speech              RMS and his faithful Lemote laptop
                          Church of EMACS

12/05/10

Rileggendo e ripensando

 lula_da_silva_02_closeTorno sul mio post di ieri a proposito delle politiche dell’open source perché avendo letto da cima a fondo i documenti presentati da Andrew Orem, Mark Cassel e Aaron Shaw alla conferenza The Politics of Open Source, devo dire che c’erano davvero tanti (s)punti interessanti.
Il paper di Andrew si focalizza sulle “reali” motivazioni che dovrebbero essere alla base di un passaggio proprietary à free software nella pubblica amministrazione:
“[...] mobilizing the necessary forces in government to procure open source software has
proven difficult. Instead of a vague statement of principle or a
naïve focus on cost reduction, government agencies should
review and focus on core responsibilities to the public: access
for all, vendor independence, archiving, special government
needs, and security. Managers promoting open source should
gain insight into how it is produced and what its adoption
entails, while a statement explicitly political goals provides the
necessary motivation to carry through with the project”.

Nel fare ciò, viene innanzitutto chiarito uno degli equivoci più comuni, ovvero che il passaggio closed – free sia essenzialmente una questione di vantaggi economici:

Cost savings, the naive enticement, doesn't provide good enough motivation
in the end. Although proprietary software (the complement to open source software) tends to
come with high licensing fees, whereas open source software can be downloaded without
payment, monetary arguments for deploying open source software are usually unsuccessful
because the high costs of conversion, retraining, and developing an adequate base for support
can postpone the potential savings of open source software for many years

e questo è direttamente collegato alla corretta distinzione tra ciò che è open e ciò che non lo è:

the key trait distinguishing open source software from proprietary
software is not its availability free of cost, but its provision under a license that allows
anyone to alter it and redistribute the altered form. Freedom to change, improve, and extend
the software—that is the trait that draws a hard and fast line between software that can be
defined as open source and software that remains locked in to a particular developer”.

In generale, le ragioni per l’adozione di free software sono di tre tipi:

One international survey of open source in government (López et al., 2010) divides the
reasons for adoption into three categories: strategic, feature-oriented, and cost-oriented”,

ma ciò che è importante capire bene è che non si tratta solo di questioni tecniche, ma di una nuova e più profonda comprensione del processo di sviluppo del software in quanto tale:

The adoption of open source software is more than a technical matter, or even a policy
decision. It imposes new tasks on management and staff alike, requiring a heightened
engagement with the software development process [...
management and staff must possess an understanding of the open source movements
and its communities that goes beyond what they can learn merely by reading about it in the
press or talking to advocates”.

Come ci si poteva immaginare, le maggiori resistenze al cambiamento sono di ordine culturale:

Joseph Reddix, an entrepreneur with forty-two years of experience both inside and outside
government, notes that the major barriers to change are cultural. These include:
·         Familiarity with current software.
·         Fear of failure, which reduces willingness to undergo risk.
·         Lack of knowledge about open source, which requires the kind of direct experience as described in the previous section.
·         Concerns about the maturity of software that is newer than the proprietary products in current use, as open source tends to be”.

È dunque un bilancio delicate quello che i sostenitori di un passaggio all’open devono gestire, ma che si basa essenzialmente su una volontà politica di base:

Proponents of open source therefore perform a delicate balancing act. They need to follow
formal guidelines by producing objective justifications for a move to open source. But the
inner fire that will actually make migration successful has a political basis

C’è poi il racconto dell’istruttiva storia dello stato del Massachusets e del suo tentativo di passare a standard aperti per i formati degli applicativi Office; una storia il cui scopo

“[...] has not been to denigrate the use of Microsoft Office.
Millions of office workers and ordinary computer users around the
world depend on Office, and the creation of OOXML was a boon to developers who can use
widespread XML tools to manipulate Office documents. Competition with ODF did in fact
make Microsoft more open—though not in the rigorous sense described in the previous
section—and create, in the end, more opportunities for Office users”.

Alla fine del paper si racconta l’approccio della città di Monaco alla transizione da software proprietario a open, ma questo è più ampiamente illustrato nel documento di Cassel.

In questo lavoro si passano in rassegna tre esperienze di tre città tedesche: Treuchtlingen (13.000 abitanti e circa 25 computer interessati), Schwäbisch Hall (36.000 abitanti e circa 225 postazioni di lavoro in rete), Monaco di Baviera (1.300.000 abitanti e circa 14.000 computer con circa 16.000 utenti).

Ciò che la ricerca di Cassel voleva ricavare dagli IT managers tedschi  era, in sostanza:

[...]ask about lessons they might offer for American officials or IT administrators
considering FOSS”.

Nell’esperienza dei nostri vicini di casa, i fattori che sembrano influenzare maggiormente l’adozione e l’implementazione di FOSS (Free Open Source Software) sono espressi così:

Political backing and leadership are essential [...]
The political leadership must embrace the change to FOSS in order to give the IT
administrator the freedom to make mistakes and try new things l

Cost arguments should be secondary.
[...]while leadership, knowledge and expertise are important,
an unexpected event or crisis is often needed to create an opportunity
to redirect organizational attention and behavior in a new direction

FOSS not free.
[...] As with any new technology, FOSS requires a
significant investment in training, implementation,
service and maintenance to succeed

Take incremental steps but with an overall strategy.
IT directors in all three cities said that it was unusual for a municipality
to completely switch to FOSS in a single step, particularly if the governments
have little experience with FOSS. The directors suggested incremental steps
or “soft migration.”

Practical experience trumps theory.
[...] the IT directors suggested that any local government considering migration
to FOSS should spend time in a government that uses FOSS, learn first-hand
what they are doing, and collect information from line employees who
are using FOSS. One IT director also suggested that local governments
consider hiring a college intern with computer science training and no
bureaucratic experience. He noted, “It’s important to get someone with
the latest technical knowledge. But you also want someone who has not been
infected by the ‘bureaucratic virus

Organization matters.
While technological change is often viewed as the product of
organizational characteristics, the three case studies point to
an inverse relationship: new technology changes the organization

Insomma, alla fine la lezione che Cassel pensa si possa riportare a casa dall’esperienza tedesca è:

The three case studies underscore the challenges involved in migrating to FOSS. However,
they also offer steps local officials should consider before embarking on migration. The
suggestions underscore: the importance of goals besides cost-savings; the need to get
politicians and employees to embrace the move to FOSS, the importance of an incremental
approach within a broader strategy, and the necessity for centralized IT organization
implement the policy. Finally, what stands out in these three cases is that while technological
change is often a function of organizational characteristics, we should be open to the
possibility that FOSS will change the structure and culture of an organization.

Il lavoro di Aaron Shaw illustra la storia del movimento FLOSS (Free/Livre Open Source Software) nella storia recente del Brasile, e di come esso si intrecci con le vicende sia del PT (Partito dei Lavoratori) sia del governo stesso di Ignacio Lula da Silva; soprattutto viene messa in evidenza la figura dei cosiddetti “insurgent experts”, quegli “esperti ribelli” (esperti sia di tecnologia sia di politica) che fin dagli ultimi anni ’90 si mobilitarono per promuovere il FLOSS nello stato brasiliano.

Open Source Hardware is Making Big Bucks



Un articolo sull’INQUIRER racconta che alla conferenza Foo Camp East, promossa da O’Reilly e tenutasi presso il campus di Microsoft vicino al Massachusetts Institute of Technology (MIT), Philip Torrone e Limor Fried di Adafruit Industries hanno “rivelato” che ci sono al momento circa 13 aziende che “fanno milioni” con l’open source hardware.

La presentazione in PDF si può leggere qui


Ovviamente, tra i casi citati è presente anche il nostro “amico” Banzi con Arduino J - ma a parte questo, quello che è stupefacente (o confortante, dipende dai punti di vista) è che:
  •  il numero di progetti OS hardware è in costante crescita dal 2005, con una proiezione di 300+ progetti per il 2011;
  • la maggior parte dei progetti sopra il milione di dollari sta rapidamente approcciando i 5 milioni di dollari;
  • molte delle aziende non elencate (dozzine!) arriveranno al milione di dollari;
  • per il 2015 probabilmente il giro d’affari dell’OS hardware nel suo complesso supererà il miliardo di dollari.
Niente male, per qualcosa che moltissimi ancora giudicano un business model che *non può* funzionare ...

11/05/10

Politics of Open Source

In questo post di Andy Oram di O'Reilly Media c'è un'interessante riassunto di un'altrettanto interessante conferenza tenutasi alla University of Massachusetts Amherst lo scorso venerdì, sul tema "Politics of Open Source" (pensate un po'!!)
"Ovviamente" :-) i partecipanti hanno convenuto di rilasciare i loro interventi sotto licenza open, ed i draft sono disponibili sul web - in particolare:
>> qui si può leggere quello dell'autore del post (Promoting Open Source Software in Government: The Challenges of Motivation and Follow-Through)
>> qui si può trovare quello di Mark K. Cassel della Kent State University (The Status of Free/Open Source Software among Local Governments: Lessons from Three German Cities)
>> qui potete trovare quello di Aaron Shaw della University of California at Berkeley (Insurgent Expertise: The Politics of Free/Livre and Open Source Software in Brazil)
Personalmente ho trovato questi documenti molto interessanti ed anche istruttivi per le nostre amministrazioni e/o imprese che volessero (ah, se solo volessero...) capire un po' di più ed un po' meglio cosa significhi intraprendere un cammino verso l'open source.
In particolare, nel post di Andy trovo queste righe particolarmente degne di nota:

* Change should be done incrementally, but with a comprehensive, long-term plan to make sure departments keep progressing. 
* Winning over staff at low levels is just as important as winning over management. Bringing union representatives into decision-making and project promotion can help accomplish this goal.
* Centralized control removes barriers among local departments and helps the migration go faster.

E pensate un po'... queste sono le annotazioni che Mark Cassel trae dalla sua ricerca sull'esperienza di tre città tedesche.... Mica sulla Luna: no, in Germania, appena al di là del Brennero....
Ma certo, su questi temi, mai come in questo caso le Alpi rappresentano una barriera invalicabile per le buone pratiche...

10/05/10

Roba da geek




Seeee, magari fossi davvero un geek...! :-)

E' solo che volevo segnalare due o tre risorse - riguardanti in particolare la appena uscita release 10.04 "Lucid Lynx" di Ubuntu.
Si tratta di:

1) una recensione di Jacopo Moronato - in italiano - pubblicata su IlSoftware.it;
2) una guida ad Ubuntu redatta da Giorgio Beltrammi (sempre in italiano e molto ben fatta - complimenti all'autore!);
3) del manuale "Getting started with Ubuntu 10.04" (165 pagg. in inglese), elaborato nell'ambito dell'Ubuntu Manual Project, che rappresenta "[...] an open source volunteer effort to create and maintain quality documentation for Ubuntu and its derivatives."

    07/05/10

    Sciuponi

    "Gli italiani sono fra i più attivi sviluppatori di software libero, ma le nostre aziende ignorano questa risorsa."
    Open Source, la risorsa che l'Italia sciupa
     Articolo su Wired Italia

    06/05/10

    Manifesto alla Norma



    La nuova direttora del Manifesto intervistata dal Riformista e ripresa dal Post.

    05/05/10

    Annunciazione! Annunciazione !!

    "Playfully doing something difficult, whether useful or not - that  is hacking"
    Vi ricorda niente? Leggete il welcome message in alto a destra su questo blog .... :-)

    Sulla pagina di FLOSS Marche l'annuncio di una visita di due giorni di mr. Richard Matthew Stallman (a.k.a. RMS) ad Ancona!!

    Per la precisione:
    [...] presso la sala consiliare giovedì 13 maggio alle ore 17:00 dal titolo "Cosa rende l'Inclusione Digitale buona o cattiva?". Sarà disponibile la traduzione simultanea in italiano.
    e poi l'incontro con
    [...] la comunità della ricerca e dell'università presso l'aula A7/A8 della Facoltà di Ingegneria dell'Università Politecnica delle Marche venerdi 14 maggio alle ore 10:30. L'incontro avra' come titolo "Free Software and Your Freedom" (Il software libero e la tua libertà). Questa lezione si terrà in lingua inglese.
    Partecipiamo numerosi :-)

    Daje!



    .. che forse è la volta buona ...

    Heron to Lynx











    Mission accomplished !!!
    ... anche se ci sono volute 4 ore abbondanti ...
    Ho seguito la strada dell'upgrade via Synaptic manager, dovendo scaricare 2216 pacchetti (più o meno :-) ).
    L'unico problema che ho incontrato è stato questo bug relativo al plugin di Flash ...