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30/11/10

Ui chi l'ics

E' un po' difficile arrivare così in ritardo sulla bomba (neo)mediatica lanciata da Wikileaks e poter sperare di aggiungere qualcosa di nuovo.
Come al solito, mi limito a segnalarvi le analisi particolarmente lucide e affilate di:
Luca Sofri, che sostiene seccamente che "i blog hanno vinto";
di Massimo Mantellini, del quale cito un paio di espressioni che mi sono sembrate davvero efficaci:
"[...] come se il progetto Wikileaks ed il biondo eccentrico australiano coincidessero. Fa comodo raccontare questo (anche se Assange ci mette del proprio per supportare involontariamente questa idea) perché è meglio pensare che un pazzo abbia per un istante impugnato lo scettro e sia fuggito in giardino piuttosto che accettare l’idea che il dietro le quinte dell’informazione mondiale non sarà mai più sotto il proprio controllo o lo sarà molto meno"
e
"chi c’è dietro Wikileaks? Lo hanno scritto tutti, ancora una volta con qualche patetica preoccupazione per il destino democratico del pianeta. Evidentemente l’ipotesi che ci siano soggetti animati da sentimenti di altruismo e trasparenza non appartiene più nemmeno all’orizzonte del possibile. [...] Wikileaks non è un sito pirata, solo l’egocentrismo sfatto di un certo giornalismo può anche solo immaginare una cosa del genere, ma non è nemmeno la soluzione dei nostri problemi informativi. Paradossalmente oggi Wikileaks crea più problemi di quanti non ne risolva, non foss’altro per la protervia con cui procede spedito verso la collisione con un universo organizzato e potentissimo che è quello dei fitti intrecci fra sistema mediatico e politico. Ma dentro questo autolesionismo ci sono lampi di grande lucidità come la scelta geniale di passare le proprie informazioni ai migliori quotidiani mondiali. Insieme a questa anche qualche ingenuità degna della Internet dei primordi, come rendere disponibili a chiunque tutti i dati grezzi a propria disposizione in ossequio ad una idea rispettosa dell’intelligenza delle masse o di una parte di queste"
Ed infine di Fabio Chiusi, il quale fa notare acutamente che
"per una volta non c’è stato niente che un giornalista professionista, in una redazione vera e propria, potesse sapere più di un qualunque blogger: i documenti erano tutti lì, disponibili per l’uno e per l’altro. Senza fonti di accesso privilegiate. Senza agenzie che facessero il “lavoro sporco” al proprio posto. Giornalisti e blogger si sono trovati tutti in prima fila a descrivere e commentare ciò che tutto il mondo stava descrivendo e commentando"

Addio, Maestro

17/11/10

La banda di Vodafone

Andrea Beggi pubblica sul suo blog un interessante post (tecnico ma anche no) sul nuovo approccio di Vodafone al traffico dati in mobilità.
E' interessante come si faccia notare che:
"L’evoluzione del mercato e l’aumento delle esigenze degli utenti non è sostenibile sul lungo termine: negli ultimi 3 anni il traffico dati è aumentato 11 volte ma i relativi ricavi si sono solo triplicati: rispetto al 2007 il ricavo per megabyte è diminuito del 75% e la redditività degli investimenti è scesa ad ¼".

Così come ci viene detto che, in quanto ad utilizzo dei dispositivi mobili:
"dividendo l’utenza dati mobile in tre fasce — PC, tablet e smartphone — il traffico da cellulari e smartphone è quello più vivace e aumenta di un 50% annuo [...] Ed anche la tipologia di utilizzo è diversa: mentre i PC, come è facilmente intuibile fanno traffico con il browser, il video e i download, gli smartphone utilizzano molto di più le applicazioni. I dati sui tablet sono ancora pochi e forse non del tutto significativi statisticamente, ma sembra si attestino nel mezzo, un ibrido: consumano la banda di uno smartphone con le applicazioni più simili al PC"


E viene anche fatta chiarezza sulle "promesse" delle aziende telco:
" Quando le telco pubblicizzano le connessioni mobili a 14,4 Mb/s significa che la singola cella ha una banda di 14,4 Mb/s, ma sulla singola cella ci sono collegati più utenti contemporaneamente"

e quindi il più forte (o il più egoista) "schiaccia" gli altri:
"Se alle (ore, NdR) 15 la banda se la spartiscono 25 utenti, significa  576 Kb/s medi per utente; se uno di questi se ne approfitta, lo fa a scapito della qualità della connessione degli altri. (Ecco perché non riuscirete mai a raggiungere i dati di targa della vostra Internet Key)".

Ma la novità di Vodafone dove sta? Nel fatto che le nuove tariffe, anche se "riguardano per ora solo PC e tablet", però:
"sono modulate su tre tagli di offerta e utilizzano per la prima volta sia la tecnica del bandwidth crunching, che la limitazione della banda massima" (in generale, al superamento del limite di traffico dati, la banda viene limitata a 64 kb/s).

E la "promise" di Vodafone è particolarmente "premurosa" verso il cliente; infatti:
"Il cliente viene avvisato con un SMS all’approssimarsi della soglia e con un altro al suo esaurimento, a quel punto può decidere se terminare i restanti giorni a 64 Kb/s o rinnovare subito per altri 30 giorni e riavere la banda massima prevista dal piano".

Insomma, un articolo interessante ed istruttivo, quello di Beggi; per chi volesse un ulteriore parere sullo stesso argomento, è possibile leggere questo post di Stefano Quintarelli.

Hasta luego.

Conrad Wolfram: a new perspective on teaching math to the kids




Conrad Wolfram is the strategic director of Wolfram Research, where his job, in a nutshell, is understanding and finding new uses for the Mathematica technology.
Here, within the TED series of speeches, he talks about a new perspective in teaching kids real math with computers.
Why? Well, simply because
"calculation by hand -- isn't just tedious, it's mostly irrelevant to real mathematics and the real world."
Enjoy!

16/11/10

Rot

UPDATE: il Post ri-approfondisce la questione soprattutto in merito alla libera interpretazione del Tg2 
UPDATE 2: anche il maestro Mantellini riprende l'argomento
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"Rot" (letteralmente: "marciume") è uno degli aggettivi più gentili che questo articolo di Newsweek (noto settimanale comunista, sia ben chiaro) dispensa nella sua impietosa descrizione della situazione italiana in merito alla condizione femminile.
Si inizia subito con una descrizione del prime time sulla TV italiana, visto attraverso le veline di Striscia La Notizia:
"That’s how prime time is in Italy. The parade of prurience is inescapable, an expression of the rot that’s now manifest at the very top of the Italian government, a reflection of the society’s deeper problem with the evolving role of women".

Si continua poi con una precisa attribuzione di responsabilità:
"while other European lands actively promote gender equality as a builder of national prosperity, Berlusconi has led the charge in the opposite direction, effectively stifling women by creating a world in which they are seen first and foremost as sex objects instead of professional equals".

Dal World Economic Forum di ottobre e dal suo report sul gap tra i generi si legge che:
"In every category but education, Italy lags badly: in labor participation, 87th place worldwide; wage parity, 121st; opportunity for women to take leadership positions, 97th. In the report’s overall ranking, Italy now places 74th in the world for its treatment of women—behind Colombia, Peru, and Vietnam, and seven places lower than it did when Berlusconi returned to office in 2008. “Italy continues to be one of the lowest-ranking countries in the EU and deteriorate[d] further over the last year,” the report says".

Chi, come la produttrice Lorella Zanardo, incontra fianziatori e banchieri con tavoli e muri su cui troneggiamo immagini di donne esposte come oggetti sessuali si chiede giustamente:
"This is a man who has to decide how many women will be in decision-making positions in his company,” she says. “How does he separate these subliminal messages from reality when he makes these decisions?".

Se poi il nostro amatissimo premier continua a giustificarsi così:
"Last year he apologized for not being able to combat growing rape numbers by explaining, “We don’t have enough soldiers to stop rape because our women are so beautiful",
che possiamo fare, se del resto:
"To understand an Italian woman, you have to understand Italian men"?
Capire certi uomini è arduo, molto arduo, ne converrete ...

Ci si mette poi anche la "tradizione" a spingere verso certe visioni:
"Many traditional Italians feel that mothers are the best caregivers for young children"
anche se nello stesso tempo
"despite this idealization of the Italian mother, Italy’s birthrate is the lowest in Europe, at 1.3 children. Women who must work feel they have to choose between the job and children"

Infine, Mr. B cala la sua pietra tombale sulla questione:
"He appointed an ex-showgirl, Mara Carfagna, to be Italy’s minister of equal opportunity. Her topless-photo calendars still hang in the back halls of the Italian Parliament. Although she makes speeches promoting “equal rights and equal dignity” for women, Berlusconi himself is unapologetic on the topic. At a recent rally he said there was one way for women to ensure their future happiness and financial security: “Look for a wealthy boyfriend,” he told a shocked crowd. “This suggestion is not unrealistic"

La ricetta sembra esserci, ma non è semplice come cambiare canale...:
"It’s clear that Berlusconi’s ouster—were it to happen—would weaken the toxic link between politics, the media, and gender discrimination. “His departure would send a relevant message,” says Del Boca. But it will take Italians of both genders to reprogram their way of thinking if any real progress is going to be made. And just changing the channel won’t be enough".

Hasta luego.

06/11/10

Social-essere

"Tu che frequenti i social network"...
"Tu che chatti, twitti, stai su Facebook"...
"Tu che sei sempre al corrente delle ultime novità su Internet"...

Ecco elencate, in nessun ordine particolare, alcune delle espressioni più banali e scontate che mi sento rivolgere non così raramente come spererei (in azienda e fuori).
Premesso che ogni volta che mi si rivolgono così, mi sento cadere le braccia e diverse altre appendici del corpo, lo sconforto che mi coglie è generato dalla sottile (ma a volte nemmeno tanto) vena di sarcasmo e di compatimento nella voce dell'interlocutore, che sottende un "beato te che non capisci un c....o e puoi trastullarti così; noi invece che siamo uomini decisivi, dobbiamo badare alle cose concrete, quelle che fanno risultato e portano soldi".

A parte tutto questo - o forse *a causa* di tutto questo - mi sono chiesto solo per un attimo cosa significhi per me "essere sociale nel web".
Bene, in ottemperanza alla più pura formazione ingegneristica, vado a snocciolare l'apposito elenco puntato di significati:
  • avere interesse e curiosità verso altri "frequentatori" del web, riconoscendone le varie capacità e le caratteristiche distintive
  • essere umile nell'imparare ed ascoltare prima di proporre; e comunque sempre di proporre si tratta, mai di imporre
  • avere il massimo e completo disinteresse nel dare i propri contributi, siano essi infimi o evidenti; non aspettarsi mai nulla in cambio è il modo migliore per ricevere tanto in cambio (già, anche se suona tanto strano nei nostri tempi, io sono convinto che gran parte del buono nell'essere social-web stia nell'essere al contempo assolutamente disinteressati e mossi solo dalla volontà di condividere, imparare, aiutare
  • confidare ed attingere sempre e prima di tutto dal patrimonio di conoscenze ed esperienze che altri hanno già fatto sui nostri stessi problemi, per i quali esistono decine di soluzioni diverse già disponibili nella comunità on-line; a mia volta, poi, alimentare questo stesso patrimonio in ragione delle mie conoscenze e possibilità
  • non sentirsi parte di una tribù o, peggio, in una sorta di riserva indiana: il peggior servizio che possiamo rendere alla socialità del web è quello di avallare o anche solo credere a chi parla del cosiddetto "popolo del web" - come se fosse qualcosa di diverso dal "popolo che va dall'ortolano"
Poter scrivere queste cose su un blog che nessuno leggerà mai mi è già sufficiente ad assorbire e rintuzzare la pelosa pietà di quelli che vi dicevo sopra.
La volontà e la consapevolezza di essere parte di un grande "fenomeno di massa" si sostengono sulla convinzione che il "fenomeno" stia prevalendo rispetto alla "massa".

Hasta luego.

04/11/10

Tagging Uber Alles...?

Michael Reed scrive un interessante postino (nel senso di piccolo post) su Linux Journal chiedendosi, sostanzilamente, se GNU/Linux possa (o debba ?!?!?) abbandonare del tutto la struttura gerarchica del file-system basata sulle directory in favore di una struttura piatta "a calderone" basata sul tagging:

"Linux needs to make greater use of tagging, but I'm also beginning to wonder if desktop Linux could abandon the hierarchical directory structure entirely"

In effetti, la struttura "tradizionale" dei filesystem è tale perchè:

"[...] based on the way that humans have always organised items in the real world, using categories and sub categories [...] placing files in one place or another".

OK; allora perché andare a cercar rogne col tagging? Mah, per esempio perché:

"tagging [...] allows objects to be placed in more than one category at once" - i.e. l'ubiquità messa in pratica :-)

Tornando a GNU/Linux, grosso modo possiamo dire che:

"The default setup of most Linux distributions acknowledges this distinction as the files are stored either:

    * outside of the /home directory (files that I don't care about most of the time)
    * inside the /home directory but hidden (more files that I don't care about most of the time)
    * inside the /home directory and visible (these are the files that I care about)
"

ed è quest'ultima categoria di file che sarebbe già pronta per la migrazione al tagging, giacchè farlo sugli altri file, al contrario avrebbe conseguenze un pelino più pesanti:

"Abandoning the directory system outside of the /home folder would mean not only designing a new operating system but also designing a new set of applications".

Adottando il tagging, oltretutto, si potrebbe pensare a qualche sviluppo anche più interessante, tipo delle applicazioni "context-sensitive" ("application awareness", la chiama Michael) per cui si chiede:

"Why couldn't a tag-aware file browser suddenly switch into music browsing mode as soon as I select the music file tag?"

I maggiori ostacoli? Secondo Reed:

"I see the two main barriers to greater adoption of tagging on the desktop as the lack of a unified standard for metadata and the aforementioned lack of application awareness."

A me è sembrato uno spunto interessante - chissà se i tempi sono maturi per chiedere a GNU/Linux e ad una (o più) delle sue innumerevoli distro di farsi "avanguardia illuminata" su questo tema.
Intanto, nella mia piccolissima esperienza di web 2.0 all'interno dell'azienda nella quale lavoro, posso dire che il passaggio da file-system a file-tagging è avvenuto in maniera abbastanza indolore.
Certo, ci sono state delle sacche di resistenza e degli approcci al tagging mascherati da file-system (della serie: attacco ad ogni file i tag generati dai pezzi del suo pathname, così che alla fine ritrovo esattamente la stessa catalogazione di prima); tutto sommato, però, dopo qualche tempo penso che le persone che usano il tagging per i file non tornerebbero all'approccio a dirctory.
Probabilmente, come si diceva più sopra, alla fine si scopre che il tagging maggiormente si avvicina alla modalità di "catalogazione" delle informazioni che il nostro cervello utilizza naturalmente.

Hasta luego.

Insight

Ora, non voglio apparire ripetitivo e noioso, ma sempre per la serie "da grande vorrei fare il blogger" mi tocca citare di nuovo una ficcante e puntuale analisi di Alessandro Gilioli.

Hasta luego.

... capisci che non è tutto bello e "facile" come ti era sembrato all'inizio

Cioè, a uno come Stefano Catone che scrive di sè:

"Voglio bene al Partito Democratico, e per questo motivo tengo vivo insieme a qualche altro volenteroso il Circolo PD di Solbiate Olona, in provincia di Varese. E’ un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. "

e che segnala questa storia apparsa su VareseNews, che gli vuoi dire se non "grazie"? E come non ringraziare anche il 16enne Massimo, protagonista di questo "segnale positivo da nord"?


Hasta siempre, Stefano e Massimo.

What is Ubuntu?

This *is* Ubuntu :-)

03/11/10

Goliardata un paio di palle

Scusate, chiamatemi retrogrado, antico, manicheo, giustizialista, schematico - chaiamtemi come diavolo vi pare, ma a me l'idea di cantare Bella Ciao e Giovinezza al festival di Sanremo per "celebrare" l'unità d'Italia mi sembra, in ordine di apparizione:
a) una minchiata
b) una furbata
c) una presa per i fondelli
d) una vera e propria puttanata (con rispetto parlando per le signore che svolgono questa professione)

Siamo alle solite: alziamo il polverone così quando la polvere si sarà posata, saremo tutti bianchi uguale. Io non ci sto! Non si può comparare l'inno di chi ha combattuto ed è morto per liberare l'Italia dalla dittaura a quello dei sostenitori della stessa dittatura, eccheccazzo! Un minimo di decenza e di rispetto per l'intelligenza delle persone!

Hasta luego.

02/11/10

Amen, fratello!

Fabio Chiusi

Massaggio

Volevo rientrare alla grande con un post sulla vicenda che da giorni e giorni tiene l'Italia col fiato sospeso :-S ma, dopo un'attenta riflessione, preferisco invece virare su un argomento più costruttivo e interessante (spero).
Il buon Mantellini via feed segnala un interessantissimo pezzo di Roberto Venturini su Apogeonline a proposito dei "numeri di Internet in Italia" e di come questi numeri si possano "massaggiare", piegare ed adattare a svariati bisogni.
A tal proposito, è illuminante questo brano, il quale, dopo aver fatto alcune assunzioni e ragionamenti nel corso del post, ci dice che:

"ecco i numeretti che potreste usare per convincere il cliente. Scegliete quello che vi fa più comodo (ma assicuratevi di comprare l’eccellente libretto, guida fondamentale per Product Manager e account, How to lie with statistics):

    * gli italiani in rete sono circa il 40% (arrotondando un pelo);
    * in una fascia d’età sensata per il prodotto “…” (riempite le caselle, sempre che non vendiate pannolini o pannoloni), c’è in rete il 50% degli italiani;
    * il 58% degli italiani dotati di un titolo di studio sufficiente per essere con una qualche probabilità utenti internet è connesso in rete;
    * se prendiamo gli italiani con competenze alfabetiche sufficienti a capire che cosa accidenti c’è scritto su una pagina web, sono collegati al 74%;
    * in rete ci sono tutti quelli che sanno leggere e in aggiunta ci sono 6 milioni di semianalfabeti collegati;
    * in rete ci sono tutti quelli che hanno le competenze culturali sufficienti per orientarsi e in aggiunta ci sono 12 milioni di persone che non hanno gli strumenti per capire;
    * in rete ci siamo solo io e lei, gli altri utenti sono un’illusione dei miei sensi malati.
"

Eeeh, erano tempi che la matematica non era un'opinione.... :-)
Hasta luego.