Questo post di Luca De Biase mi ha colpito abbastanza, perché contiene della frasi e dei concetti che sento molto miei, anche se non sono mai riuscito (o non ho mai saputo) esprimere chiaramente.
Ad esempio:
"[...] una tecnologia o un servizio che funziona in rete vale geometricamente
di più man mano che crescono i suoi nodi."
D'altro canto:
"Un sistema del tutto privato e
che sia usato completamente secondo le regole del suo proprietario
genera probabilmente un ecosistema meno ricco, in termini di
sviluppatori e utenti, di una tecnologia aperta della quale tutti si
sentono fondamentalmente proprietari".
E qual è il sistema chiuso per eccellenza al quale motli di noi pensano in prima battuta? Esatto, proprio "quello là":
"Windows è stato per anni uno standard di fatto, proprietario e chiuso
quanto bastava per massimizzare il vantaggio della Microsoft. Non è
stato mai battuto direttamente. Casomai aggirato dalle funzioni di
sistema operativo che si sono sviluppate sul web le cui regole e la cui
proprietà sono decisamente uno standard pubblico. Sul web si possono
pubblicare oggetti chiusi e oggetti aperti. Il loro successo è funzione
degli obiettivi di chi li propone".
A ben vedere, poi, la diatriba non è tanto tra "chiuso" vs. "aperto", ma relativa all'ambiente nel quale tale confronto si esplica:
"Quello che conta non è tanto valutare quanto sia chiusa una particolare
soluzione, ma quanto sia aperto l'ambiente nel quale tutte le soluzioni,
più o meno chiuse, si confrontano. Perché solo l'apertura fondamentale
dell'internet consente di pensare che per ogni tecnologia chiusa possa
sempre nascere un'alternativa aperta che diminuisca la tentazione del
monopolista di approfittare troppo del suo vantaggio".
E anche sulla chiusa non posso che concordare:
"Il tema non è contrapporre web e apps. E non è calcolare quanti usano le
apps. Il tema è fare servizi che vadano prima a vantaggio di chi li usa
poi di chi li fabbrica."
Hasta luego.
[Photo credits | photo by Piermario via Flickr]
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