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04/04/11

Amami, Vilfredo...

UPDATE: siccome anche il New York Times si rende conto che "it turns out that counting followers is a seriously flawed way to measure a person’s impact on Twitter", allora propone di usare altri metodi per farsi un'idea dell'influenza di qualcuno su Twitter


Cosa caspita ci fa Vilfredo Pareto (padre dell'omonimo ed onnipresente principio) tra il logo di Facebook e quello di Twitter??
In realtà si trovano tutti e tre insieme in questo articolo che Massimo Mantellini ha pubblicato su Punto Informatico.

L'intento dell'articolo è quello di fare il punto della situazione su Twitter, e sul suo stato dopo 5 anni dalla sua nascita.

Wikipedia recita che Twitter, tecnicamente parlando
"offers a social networking and microblogging service"

Mantellini lo definisce come una:
"[...] semplice colonna cronologica informativa in eterno aggiornamento così come è sempre stato fin dagli esordi nel 2006"

menzionando la (presunta ?) volontà irrisolta di allontanarsi da tale stereotipo, per tendere però a non si sa bene cosa.

Già questa prima asserzione mi infonde qualche dubbio, anche perché, semmai, proprio con gli avvenimenti di queste ultimissime settimane (vedi le rivolte egiziana e tunisina) direi che Twitter ha semmai rinforzato - e per fortuna - proprio quel ruolo di "cronologia del browser della cronaca" che gli si attaglia perfettamente.

Del resto, sarà pur chiaro come
"[...] Facebook sia chiaramente definibile come un luogo sociale di rete ampio e variegato",

ma non è forse proprio in tale sua "ampiezza" e "varietà" che si trovano insieme le sue peculiarità positive ma anche quelle negative?

Il mio personale percorso ha visto un utilizzo prima abbastanza regolare di Facebook, poi scemato a vantaggio di Twitter; alcune delle principali motivazioni riguardavano proprio quella che io personalmente avvertivo come una "defocalizzazione" di Facebook, un voler contenere tutto di tutti, con in più una forte dose di advertising invadente e di fatuità sempre incombente sui contenuti. La ciliegina sulla torta era rappresentata da una - a volte - difficoltosa distinzione tra contenuti socialmente condivisibili (in senso 2.0) e "sovrastruttura" nel senso gramsciano deteriore del termine (minchia, questa m'è uscita davvero grossa - scusate!!).
In poche parole, io ho un'immagine di Facebook, allo stato attuale, sempre in bilico tra "Slacktivism" ed efficacia.

La tesi principale, però, del pezzo di Mantellini, si focalizza più sull'analisi dell'utilizzo che gli iscritti di Twitter fanno - o farebbero.

Il "maestro" :) si basa su uno studio di Yahoo!Research (scaricabile in pdf qui) e su un approfondimento di Business Insider.

Sia dal primo sia dal secondo riferimento ciò che emerge è ben poco in linea con il principio di Pareto buon'anima (in base al quale il 20% delle persone dovrebbe produrre l'80% dei contenuti); infatti se ne evincerebbe che
"oltre il 50 per cento dei messaggi propagati nel network sono prodotti da circa 20mila persone, lo 0,05 per cento degli iscritti. Il Principio di Pareto applicato ai social network (il 20 per cento delle persone produce l'80 per cento dei contenuti) viene insomma travolto e la quasi totalità degli iscritti a Twitter di fatto sembra non partecipare alla produzione di contenuti dentro il sistema".

La domanda sorge spontanea:
"A cosa serve una rete sociale così ampia se un numero così ampio di persone che la frequentano (se la frequentano) se ne sta in silenzio?"

Già, a che serve?

Io modestamente penso che, a parte tutto, nel social networking non siano molte le realtà nelle quali il principio di Pareto sia valido.
Quale sia la ragione non lo so: posso pensare alla famosa "massa critica", che consente ad un social network di auto-sostenersi e non sgonfiarsi; oppure al carattere di libertà di partecipazione di tali ambienti, per cui la prima pulsione che ivi si manifesta è quella, tutta umana, del "free riding".

Non vorrei però che Mantellini si sia fatto in qualche modo distrarre da una comparazione tra Twitter e Facebook, che, per quanto mi riguarda, è abbastanza improponibile: non tanto in termini di numeri di utenti (attivi o no), quanto piuttosto di "raison d'être" (e qui parte l'elenco puntato, ché se no che razza di post da ingegnere sarebbe?! ;-):
  • io credo ancora alla dichiarazione di intenti per la quale Twitter è una piattaforma di micro-blogging; Facebook mi pare qualcosa di diverso da questo;
  • è ancora arbitrario il numero che determina una dimensione di "utenti attivi" tale per cui una piattaforma possa legittimamente reclamare per sé "una propria riconosciuta centralità";
  • siamo sicuri che "Secondo queste valutazioni insomma Twitter è oggi una sorta di terra di nessuno"? E anche se così fosse, siamo almeno altrettanto sicuri che per una piattaforma di micro-blogging non sia proprio l'essere "terra di nessuno" la propria missione? Intendo dire che non essere vincolati ad una infra- e sovra-struttura troppo codificate da una parte consente di non essere incasellati troppo facilmente in uno stereotipo del web 2.0, dall'altra mantiene quella (estrema?) fluidità del sistema che ritengo sia uno dei punti di forza di Twitter, paradossalmente da sfruttare ancora di più.
Infine questo credo sia uno dei punti nodali del tema: come anche Mantellini evidenzia correttamente, Twitter è
"fortemente spinta dai media mainstream che si riferiscono continuamente ai messaggi delle star televisive e dello sport e dalle analisi sociologiche sulle emergenze del pianeta".

Ecco, non vorrei che, come alle scuole elementari, ci si facessero i dispetti tra compagni "spingendosi" troppo...
I cosiddetti media mainstream (TV, radio, giornali) sono alquanto ignoranti - genericamente parlando - sul tema, con menzione speciale per la TV.
Avete mai provato a far caso all'enfasi - nel migliore dei casi al limite dell'allarmismo - con il quale si parla, su TV, radio, (certi) giornali dei social network?
Ecco, tenendo presente questo atteggiamento, pensate davvero che una "spinta" esercitata su Twitter o qualsiasi altro network possa essere disinteressata o anche solo indirizzata verso la sua vera natura? 
Mah, io sono scettico per natura... :-)

Hasta luego.

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